ADHD, l’esplosione delle diagnosi: +157% in dieci anni. È allarme per l’abuso di stimolanti.
Dati shock da Canada e Italia: il boom dei casi solleva interrogativi sulla natura "elastica" dei criteri diagnostici e sui rischi legati all'uso prolungato di farmaci inseriti nella tabella degli stupefacenti.
Non è più solo un fenomeno d’oltreoceano. L’impennata di diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) sta assumendo i contorni di un vero e proprio caso sanitario internazionale. Secondo quanto riportato da Quotidianosanità.it, il Canada ha registrato un incremento del 157% nelle prescrizioni di farmaci specifici in meno di un decennio. Un trend che l’Italia sta ricalcando fedelmente: i dati del Ministero della Salute confermano la stessa percentuale di crescita tra il 2014 e il 2024, con un preoccupante picco di 6.000 nuovi casi segnalati solo nell'ultimo anno.
La "maglia larga" delle diagnosi
Dietro questi numeri si cela uno scontro ideologico e scientifico radicale. Mentre una parte della psichiatria difende la validità della diagnosi, cresce il fronte di psichiatri e ricercatori che negano apertamente l'esistenza dell'ADHD come disturbo organico, descrivendolo piuttosto come un'etichetta psichiatrica costruita per medicalizzare comportamenti vivaci o stili cognitivi differenti. Secondo i critici, l'aumento dei casi sarebbe figlio di un recente ampliamento dei criteri diagnostici che, essendo di natura puramente descrittiva e non basati su test oggettivi o strumentali, si prestano a interpretazioni estremamente elastiche e, a volte, fantasiose.
Tra cura e stupefacenti: il nodo Metilfenidato
Il centro della questione riguarda la terapia farmacologica. Il principio attivo più utilizzato è il metilfenidato, una molecola di tipo anfetaminico. Per la legge italiana (DPR 309/90), questa sostanza è inserita nella Tabella dei Medicinali, sezione A, la medesima che include la morfina e altri stupefacenti ad alto potenziale di dipendenza.
Sebbene la comunità psichiatrica ne difenda l'efficacia nel migliorare la concentrazione, il profilo degli effetti collaterali resta severo:
- Comuni: perdita di peso, insonnia, ipertensione, tachicardia e irritabilità.
- Gravi, seppur “rari”: rischio di alterazioni dell’umore, tic motori, vertigini, sonnolenza e persino episodi psicotici (allucinazioni e paranoia).
Il paradosso del Codice della Strada
A fronte di effetti indesiderati così importanti, stupisce la duplice interpretazione in tema di sicurezza stradale. L’articolo 187 del Codice della Strada punisce severamente chi guida in stato di alterazione da anfetamine a meno che non sia in possesso di una prescrizione medica, che funge da "scudo legale". Secondo gli psichiatri, infatti, il farmaco, migliorando l'attenzione, renderebbe i pazienti guidatori più sicuri. È singolare che la pericolosità di una sostanza cambi secondo le circostanze dell’assunzione: in caso di vertigini o sonnolenza (effetti collaterali possibili) il divieto di guida scatterebbe nuovamente, ma a quel punto potrebbe essere troppo tardi.
Se nella scuola frequentata da vostro figlio è in corso un’attività di screening finalizzata a localizzare futuri pazienti psichiatrici, leggete qualche dritta qui: https://www.ccdu.org/minori/vademecum-scuola
Articolo sul Canada: https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/adhd-boom-di-prescrizioni-157-di-farmaci-in-meno-di-dieci-anni/