Il TSO: Trattamento Sanitario Obbligatorio

TSO: Trattamento Sanitario Obbligatorio

La più completa pagina di informazioni utili a comprendere meglio come funziona il Trattamento Sanitario Obbligatorio in Italia. Scarica gratuitamente i testi di legge sul TSO e altri documenti e approfondimenti.

Nota: segnaliamo che il 9 ottobre 2023 sono state pubblicate le linee guida ONU e OMS per ZERO coercizione psichiatrica.

Cos'è il TSO?

TSO significa Trattamento Sanitario Obbligatorio, ovvero quando una persona viene sottoposta a cure mediche contro la sua volontà (legge del 23 dicembre 1978, articolo 34).

In pratica, tranne alcune rarissime eccezioni, si verifica solo in ambito psichiatrico, attraverso il ricovero (forzato) presso i reparti di psichiatria degli ospedali pubblici (SPDC - Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura).

Le leggi sul ricovero forzato sono state utilizzate in tutto il mondo per giustificare vari tipi di soprusi: finanziario, sessuale, politico, per profitto commerciale, eredità e addirittura per la sicurezza del governo. Come CCDU crediamo che esse siano una privazione dei Diritti Umani e Costituzionali.

Come nasce la legge 180, chiamata anche legge Basaglia?

Prima della legge 180 del 1978 (erroneamente chiamata legge Basaglia o anche riforma Basaglia),  in Italia era in vigore la legge 36 del 1904  (legge Giolitti) “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati”.

Questa legge stabiliva che:

 “Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri e riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi...” 

In realtà in questi luoghi non venivano rinchiusi solamente i “matti”. Ma chiunque desse pubblico scandalo  - qualunque cosa volesse dire - poteva, con la compiacenza di qualche psichiatra, essere internato. Tant’è che vennero rinchiusi nei manicomi omosessuali, paralitici, alcolisti e altri indesiderati.  
Nel libro “Il manicomio dei bambini” di Alberto Gaino si parla di 200mila bambini (anche solo di 2 anni) internati negli istituti psichiatrici negli anni ‘60. (https://youtu.be/Y3ymAT4C1Ro)

Nella seconda metà degli anni 70 il clima politico e culturale italiano era pronto per una radicale revisione del sistema di occuparsi dei cosiddetti ‘alienati’.

Un vasto movimento antipsichiatrico era in pieno svolgimento a livello mondiale.  Fra i principali esponenti internazionali troviamo Ronald Laing e David Cooper in  Inghilterra, Michel Foucault e Félix Guattari in Francia e Thomas Szasz negli Stati Uniti. In Italia Edelweiss CottiGiorgio Antonucci, fino ad arrivare a Franco Basaglia che, per quanto non amasse definirsi antipsichiatra, era l’ispiratore di un vasto movimento che stava creando dei problemi alla psichiatria di allora.

I Radicali ottennero le firme necessarie per un referendum mirato alla chiusura dei manicomi, e il parlamento rispose con una manovra per vanificarlo, chiudendo formalmente i manicomi, ma trasferendo le loro competenze agli ospedali.  
Nella nuova legge, la legge 180, scompare ogni riferimento alla “pericolosità per sé o per gli altri” e vengono introdotte le tre attuali condizioni necessarie per poter effettuare un TSO.

La riforma viene ricordata col nome di Basaglia ma lui non l’aveva ispirata, scritta né approvata. Anzi, l’aveva apertamente criticata, cercando di dissuadere Bruno Orsini, il vero autore della legge, dall’istituire il TSO e dal riproporre la logica manicomiale in ambito sanitario.  
In un’intervista rilasciata al giornalista Franco Giliberto e pubblicata sul quotidiano ‘La Stampa’, Basaglia, pur manifestando una moderata soddisfazione per aver superato la vecchia legge Giolitti, espresse così le sue perplessità:

“E’ una legge transitoria, fatta per evitare il referendum, e perciò non immune da compromessi politici. Ora bisognerà lottare perché nella discussione sulla riforma sanitaria tanti aspetti farraginosi, ambigui, contraddittori di questa legge siano portati alla ribalta e cambiati. …  Ma attenzione alle facili euforie. Non si deve credere d’aver trovato la panacea a tutti i problemi dell’ammalato di mente con il suo inserimento negli ospedali tradizionali.

La nuova legge cerca di omologare la psichiatria alla medicina, cioè il comportamento umano con il corpo. E’ come se volessimo omologare i cani con le banane.

Facciamo l’esempio di chi ha un tumore, o una febbrona o il verme solitario. Se va a finire all’ospedale, c’è la ricerca della causa del suo male, e in certi casi il ricovero s’impone (malattie molto contagiose). Ma se ricoveri - cioè togli la libertà - a una persona perché ha pensieri bizzarri o disturbi psichici, perché lo fai? A che cosa si riferisce quel ricovero? Che cosa può voler dire “grave alterazione psichica”? … Negli ospedali ci sarà sempre il pericolo dei reparti speciali, del perpetuarsi di una visione segregante ed emarginante.”

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Le motivazioni del Trattamento Sanitario Obbligatorio 

La legge stabilisce che si può attuare il TSO alle seguenti condizioni:

  1. La persona necessita di cure. (secondo i sanitari che l’hanno visitata)
  2. La persona rifiuta le cure.
  3. Non è possibile prendere misure extraospedaliere.

Di fatto il TSO viene messo in atto quando la persona viene ritenuta pericolosa per sé o per gli altri, in soggetti che manifestano minaccia di suicidio, minaccia o compimento di lesione a cose e persone, rifiuto di comunicare con conseguente isolamento, rifiuto di terapia, rifiuto di acqua e cibo. Ma anche persone che, semplicemente, recano disturbo a qualcuno con il loro comportamento. Da notare che con la legge 180 non è richiesta la condizione di “pericolosità per sé o per gli altri”, condizione che era invece indicata nella precedente legge, la legge Giolitti.

Può accadere anche che una persona disturbata psichicamente, un tossicodipendente in crisi di astinenza, un alcoldipendente… assumano dei comportamenti imprevedibili o violenti.  
In queste situazioni spesso i familiari conviventi o i vicini di casa, qualora la persona sia in terapia presso uno psichiatra, chiedono aiuto allo psichiatra del servizio, oppure nel caso la persona non lo fosse, chiamano direttamente l’ambulanza e/o i vigili o i carabinieri.

La legge stabilisce anche un'esatta procedura che deve essere seguita al fine di mettere in atto il TSO.

Chi dispone il TSO

Il  Trattamento Sanitario Obbligatorio è disposto con provvedimento del Sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria, del Comune di residenza o del Comune dove la persona si trova momentaneamente.

Egli emana l’ordinanza di TSO solo in presenza di due certificazioni mediche che attestino che:

  1. la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici;
  2. gli interventi proposti vengono rifiutati;
  3. non è possibile adottare tempestive e idonee misure extraospedaliere.

Tutte e tre le condizioni devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo medico, che può essere il medico di famiglia, ma anche un qualsiasi altro medico e convalidate da un secondo medico che deve appartenere alla struttura pubblica (generalmente uno psichiatra della ASL).

La legge non prevede che i due medici debbano essere psichiatri.

Le certificazioni oltre a contenere l’attestazione delle condizioni suddette che giustificano la proposta di TSO, devono motivare la situazione concreta: non devono limitarsi a enunciare le tre condizioni né si devono usare prestampati; in pratica la proposta di TSO deve essere (anche se in breve) motivata.

Ricevute le certificazioni mediche, il Sindaco ha 48 ore per disporre, tramite un’ordinanza, il TSO facendo accompagnare la persona dai vigili e dai sanitari presso un reparto psichiatrico di diagnosi e cura.

In un primo momento la persona viene invitata a seguire vigili e sanitari nel reparto ospedaliero, se si rifiuta viene prelevata con la forza, messa in ambulanza e trasferita al reparto ospedaliero. In teoria la legge fornisce il diritto alla persona di scegliere il reparto dove essere ricoverato.

Nessuno può essere trattenuto contro la sua volontà presso strutture sanitarie o nei reparti psichiatrici di diagnosi e cura a meno che non sia soggetto ad un  provvedimento di TSO.

Il Sindaco ha poi l’obbligo di inviare l’ordinanza di TSO al Giudice Tutelare (entro 48 ore successive al ricovero) per la convalida e il Giudice convalida il provvedimento entro le 48 ore successive (legge 180, art. 3 comma secondo).

Qualora manchi la convalida il TSO decade automaticamente. Il Giudice Tutelare può però anche non convalidare il provvedimento annullandolo.

Quasi mai, specialmente nelle grandi città, l’ordinanza del TSO risulta firmata dal sindaco; di solito vi è un Ufficio preposto allo svolgimento della procedura del TSO e un assessore delegato (l’assessore alla sanità; in sua assenza uno qualunque gli altri assessori), che si limita a firmare l’ordinanza.

Il TSO ha per legge la durata di 7 giorni.*

Al termine dei 7 giorni, qualora non sia stata presentata dallo psichiatra del servizio una richiesta di prolungamento, il trattamento termina e lo psichiatra, non per forza lo stesso che ha proposto e convalidato il TSO, è tenuto a comunicare al Sindaco la cessazione delle condizioni richieste per l’internamento.

Il Sindaco a sua volta lo comunica al Giudice Tutelare.

Qualora il trattamento venga prolungato, prima della scadenza dei 7 giorni deve essere comunicata al Sindaco una richiesta motivata di prolungamento. Entro 48 ore dal ricevimento della richiesta verrà firmata a nome del sindaco o del suo delegato l’ordinanza di prolungamento, provvedendo a notificarla al Giudice Tutelare nelle 48 ore successive. Il Giudice a questo punto convaliderà o meno il provvedimento e lo comunicherà al sindaco. Nel caso di proroga il paziente deve richiedere la notifica (= comunicazione) per evitare di rimanere chiuso in reparto, risultando ora un ricovero volontario.

Una volta venuto meno il TSO per scadenza dei termini la persona può chiedere di essere dimesso in ogni momento e tale richiesta deve essere esaudita .

* (Legge 833/78 - Art. 35: Quarto comma)

Cosa avviene comunemente durante il ricovero in TSO: comuni violazioni della procedura

Durante il ricovero l’unica possibilità che ha la persona di sottrarsi al Trattamento Sanitario Obbligatorio è quella di accettare la terapia.

Capita però il provvedimento di ricovero forzato venga mantenuto, nonostante il paziente accetti la terapia.

Anche se la legge impone il ricovero forzato solo in casi eccezionali, come già esposto sopra, la realtà però è diversa:

  1. Con una certa frequenza i ricoveri coatti (= forzati) vengono fatti senza rispettare pienamente le normative, approfittando del fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle leggi e dei diritti della persona ricoverata. Sovente il paziente viene lasciato all'oscuro del fatto che, allo scadere dei 7 giorni, può lasciare il reparto e così inconsapevolmente viene trattenuto in regime di TSV (Trattamento Sanitario Volontario).
  2. Ci sono poi pazienti che, quando si recano in reparto sotto TSV, vengono poi trattenuti in TSO nel momento in cui fanno la richiesta di uscire ed andarsene.
  3. Durante la settimana di TSO si assiste spesso ad un terribile stato di debolezza, confusione, spersonalizzazione ed alienazione da parte del paziente che, oltre a subire il  trauma della privazione della libertà, viene sovente sottoposto a pesanti terapie psico-farmacologiche, che non fanno altro che annientarlo come individuo, renderlo “innocuo e docile” agli occhi degli operatori.
  4. Per il paziente che venga ritenuto “ribelle” si ricorre spesso sia alla contenzione fisica che all’isolamento.

In internet potete trovare molte storie che illustrano queste violazioni.

Diritti della persona durante il TSO: come farli valere

Quando la persona viene ricoverata in Trattamento Sanitario Obbligatorio presso il servizio psichiatrico, i suoi diritti (primo tra tutti quello alla libertà di movimento e di scelta) vengono limitati ed è obbligata a subire passivamente i trattamenti a lei somministrati.

Ma una serie di diritti inalienabili vengono mantenuti:

  1. La persona può fare ricorso al Sindaco contro il TSO. Anche gli amici, i familiari, chiunque abbia a cuore la persona ha questa possibilità. La legge infatti dice espressamente che CHIUNQUE può fare ricorso. Ovviamente si può anche far intervenire un avvocato. Il Sindaco ha l’obbligo di rispondere entro 10 giorni (art. 33 legge 833/78). Se viene presentato il ricorso entro le 48 ore successive al ricovero, conviene farne pervenire una copia al Giudice Tutelare. Se la risposta è negativa, il paziente può presentare la richiesta di revoca direttamente al Tribunale (art. 35 legge 833/78), chiedendo contemporaneamente la sospensione immediata del TSO e delegando, per rappresentarlo in giudizio davanti al Tribunale, una sua persona di fiducia.
  2. Benché la persona non possa rifiutare le cure, questa ha il diritto di essere informata sulle terapie a cui viene sottoposta e di scegliere anche tra una serie di proposte alternative. Comunque, nel caso le terapie somministrate siano particolarmente invasive, sarebbe opportuno presentare al responsabile del reparto una dichiarazione di diffida ai sanitari nei confronti delle terapie che dalla persona vengono considerate lesive e chiedere ed ottenere di inserire tale comunicazione all’interno della cartella clinica.
  3. Il TSO non giustifica necessariamente la contenzione; mai comunque la violenza fisica. Qualora venga usata la contenzione fisica, questa dovrebbe essere applicata solo in via eccezionale e per un periodo di tempo non superiore alla somministrazione della terapia. L’art 1 della legge 833 del 23 Dic 78 afferma che “la tutela fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e libertà della persona”. L’utilizzo punitivo della contenzione, eventuali violenze verbali e fisiche degli operatori, fatti questi non ammissibili legalmente, sono reati perseguibili penalmente. In tal caso si può presentare una denuncia alla magistratura.
  4. Durante il TSO il paziente ha il diritto di comunicare con chi vuole, anche attraverso telefonate e non è ammissibile, da parte degli infermieri, selezionare le persone che loro ritengono autorizzate ad entrare nel reparto (art.33 legge 833/78)
  5. Terminato il periodo di TSO, non sono necessari né una firma per uscire dal reparto, né la presenza di qualcuno che venga a prendere il paziente, assumendosene la responsabilità, in quanto la persona che viene ricoverata in un reparto psichiatrico non è né incapace né interdetta e conserva tutti i diritti e doveri di chiunque altro. Quindi può chiedere di essere dimessa in qualsiasi momento (legge 180, legge Basaglia del 1978) e questa richiesta deve essere immediatamente esaudita, altrimenti ci si trova di fronte al reato di sequestro di persona. Il TSO decade anche nel caso in cui i medici o il Sindaco o il Giudice Tutelare non abbiano specificato nel provvedimento le motivazioni che hanno reso attuabile il Trattamento Sanitario Obbligatorio.
  6. Il paziente ha il diritto di comunicare nella sua cartella clinica tutte le informazioni concernenti il suo stato di salute e i trattamenti a cui viene sottoposto.
  7. Il paziente ha inoltre il diritto di sapere i nominativi e le qualifiche di chi opera nel reparto. Ogni infermiere deve avere sul camice un cartellino di riconoscimento.

Come evitare il TSO

In base alla nostra esperienza, spesso, chi rifiuta le cure psichiatriche, lo fa perché chi le somministra è privo di umanità, usa minacce velate o manifeste, obbliga all’utilizzo di farmaci che invece di far star bene la persona la fanno stare male, ecc.  Da qui, il gran numero di persone che costantemente ci contattano nella speranza di “scappare” dalla psichiatria.

Purtroppo per queste persone, come già evidenziato sopra, la legge sul Trattamento Sanitario Obbligatorio permette il trattamento coatto nel caso si verifichino queste tre condizioni: (1) la persona necessita di interventi terapeutici urgenti; (2) li rifiuta; (3) non sia possibile adottare misure sanitarie extraospedaliere.

Per legge, i trattamenti sanitari obbligatori devono rispettare la dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.

Quindi, se sai leggendo questo nella speranza di non ricever più trattamenti sanitari obbligatori, trova un medico che ti faccia star bene e affidati alle sue cure. Il TSO può essere messo in atto solo se ti rifiuti di curarti, non se lo stai già facendo. 

Purtroppo, abbiamo ricevuto alcune segnalazioni dove, la persona che è stata presa in carico da un professionista di sua fiducia, è stato minacciato di TSO da qualche psichiatra del CSM di appartenenza se non si faceva curare come e dove diceva lui. 
Questa situazione può essere risolta, o ancor meglio prevenuta, rivolgendosi ad un avvocato per chiarire che, essendo la persona in cura, viene meno il punto 2 della legge sul TSO.

Se ci sono problemi, contattaci.

TSO: la situazione attuale

Anche se la legge prevede che il ricovero forzato debba essere usato solo in casi eccezionali, dopo aver espletato ogni possibile tentativo di entrare in contatto con il paziente, fargli accettare le cure e laddove non sia possibile adottare tempestive misure extra-ospedaliere, la realtà è spesso diversa e si verificano varie violazioni e situazioni che ledono i diritti delle persone:

  1. Con una certa frequenza i ricoveri forzati (TSO) vengono fatti senza rispettare le normative e le procedure (quelle che erano state scritte per evitare abusi), approfittando del fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle leggi e dei diritti della persona ricoverata. Eventuali ricorsi contro tali violazioni risultano inutili poiché chi ha violato la legge si appella all'art. 54 del codice penale (stato di necessità: non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo) e viene quindi assolto.
  2. Ci sono casi di pazienti che, quando si recano in reparto per un ricovero volontario, vengono poi trattenuti in TSO nel momento in cui fanno la richiesta di uscire ed andarsene.
  3. Durante la settimana di TSO si assiste spesso a un terribile stato di debolezza, confusione, spersonalizzazione ed alienazione da parte del paziente poiché, oltre a subire un grave trauma dovuto alla privazione della libertà, viene sovente sottoposto a pesanti terapie psico-farmacologiche, che quasi sempre lo annientano come individuo, rendendolo "innocuo e docile" agli occhi degli operatori.
  4. La persona che viene portata via con ambulanza, infermieri, vigili e quant'altro subisce un inevitabile perdita di dignità e fiducia da parte degli abitanti del suo condominio / quartiere.
  5. Per il paziente che venga ritenuto "ribelle" si ricorre sia alla contenzione fisica che all'isolamento.
  6. In alcuni casi l'uso della forza fisica è spropositato, anche nei confronti di chi non oppone alcuna resistenza. Anche se in rari casi ciò ha causato la morte della persona che si voleva "aiutare".
  7. La legge attuale stabilisce che chiunque possa fare ricorso contro il TSO, ma il ricorso avviene DOPO che il TSO è già stato effettuato, che la persona è stata presa contro la sua volontà, rinchiusa nel reparto di psichiatria e sottoposta a terapia psicofarmacologica.

Occorre infine ricordare che l'attuale procedura prevista per il TSO, con la sua relativa complessità, diviene di difficile applicazione nei casi ove vi sia una effettiva urgenza di intervento.

TSO: un cambiamento necessario

A fronte di quanto esposto si evidenziano i seguenti limiti delle attuali procedure e pratiche relative al TSO, con conseguenze inaccettabili e inconciliabili con la salvaguardia dei diritti umani:

  1. L'eventuale difesa del cittadino sottoposto a TSO può avvenire solo dopo che questo è già stato fatto e ogni danno possibile è già avvenuto (vedi paragrafo sopra: "TSO: la situazione attuale" punti 3, 4 e 7). Ciò viola irrimediabilmente il principio del diritto alla difesa.
  2. In caso di effettiva urgenza d'intervento la procedura attuale risulta impraticabile o eccessivamente lenta.
  3. Restano zone d'ombra relative ad aspetti specifici quali il diritto di comunicare e la chiusura a chiave dei reparti; maggiori cautele dovrebbero essere adottate in merito alla contenzione fisica e non vi sono sanzioni specifiche per chi commetta eventuali abusi.

La nostra proposta

Nel corso di oltre 30 anni di attività in questo specifico settore abbiamo raccolto ed esaminato una notevole quantità di casi di persone sottoposte a TSO.

Nel 2017 abbiamo individuato un possibile meccanismo/procedura con l’obiettivo di ovviare ai punti A e B sopra illustrati, per quanto apparentemente tali esigenze appaiano inconciliabili.  
L’obiettivo era di rendere la procedura del TSO più semplice e veloce, garantendo al contempo il diritto immediato alla difesa, prima che il TSO possa avvenire. Questa è la proposta di modifica di allora.

Attualmente stiamo collaborando a un progetto di riforma del TSO condiviso.

Aggiornamento 29 marzo 2021 

Ci siamo poi incontrati con altre associazioni e professionisti che stavano perseguendo obiettivi simili. Da questo incontro è nato un nuovo progetto di riforma, che rappresenta la sintesi di varie proposte, nate indipendentemente le une dalla altre. Il CCDU sostiene ora attivamente la campagna “Comitato legittima difesa” per una riforma radicale del TSO.

Scarica il disegno di legge per la riforma della 180 in senso garantista:

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