Costi del sistema psichiatrico: il caso ADHD

Psicofarmaci

Potrebbe costare ogni anno come il 10% della finanziaria Monti

Le infermità hanno ormai estromesso i santi dal calendario, surclassandoli di gran lunga: considerando le giornate, le settimane e i mesi dedicati a questa o quella malattia, scopriamo infatti che 435 giorni su 365 sono appannaggio esclusivo della propaganda mediatica legata al mondo della salute. Non mancano le giornate dedicate a depressione, salute mentale e ADHD.

Iniziamo con lo sfatare il luogo comune secondo cui l'alto costo di certi farmaci sarebbe dovuto in gran parte ai costi della ricerca: nel 2005 le principali case farmaceutiche hanno speso il doppio in marketing rispetto alla ricerca, e la tendenza è analoga in tutti gli anni recenti (fonte: Center for Public Integrity).

Anche le riviste mediche, per fare quadrare i conti, dipendono in maniera sbilanciata dai finanziamenti di Big Pharma e, come dichiarato dal Dr. Richard Smith durante il discorso di ringraziamento alla Medical Society of London per il premio Health Watch 2005, sono ormai diventate uno strumento di marketing dell'industria farmaceutica.

L'azione del marketing farmaceutico avviene su più fronti: notizie unidirezionali strombazzate ai media (con enfasi sui benefici e omissione degli effetti dannosi), commercio di malattie (malattie inventate di sana pianta, pubblicazione di studi favorevoli e censura degli studi sfavorevoli), modifica dei limiti di diagnosi per aumentare le prescrizioni a fette più ampie di popolazione, associazioni di pazienti (creazione di eventi mediatici o formativi, lobbying ecc.), viaggi premio, sponsorizzazione di congressi in luoghi esotici e attività di lobby presso le autorità di controllo.

Se la spinta alla sovra-prevenzione e sovra-prescrizione funziona nell'ambito della medicina tradizionale, caratterizzata da metodi di diagnosi oggettivi, si può immaginare con quanta facilità la si possa applicare al mondo della salute mentale – una branca della medicina in cui l'assenza di eziologia e l'arbitrarietà delle diagnosi rendono queste operazioni ancora più facili. Il meccanismo è ben descritto nel libro di Irving Kirsch "I farmaci antidepressivi: il crollo di un mito" in cui l'autore, un ricercatore di Harvard, rivela i risultati di una ricerca eseguita mettendo assieme decine di studi (migliaia di casi): gli antidepressivi SSRI non sono più efficaci del placebo (la pillola di zucchero) nel curare la cosiddetta depressione.

Prendiamo l'esempio di un'altra malattia dubbia e controversa – il Disturbo da Deficit d'Attenzione e Iperattività – criticata persino da molti esponenti della comunità psichiatrica. Secondo uno studio pubblicato nel 2008 da neuropsichiatri infantili dell'Ospedale di Terni, ogni ragazzo ADHD costa al contribuente italiano la ragguardevole cifra di diecimila Euro/anno.

Non c'è accordo circa l'incidenza di questo cosiddetto disturbo: secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità i ragazzi affetti da ADHD sarebbero l'1,2%, mentre il Manuale Diagnostico e Statistico stima il 3,9%. Nel dubbio, prendiamo per buono un valore intermedio, e diciamo che il 2% della popolazione tra 6 e 18 anni soffrirebbero di ADHD – circa 200 mila ragazzi in Italia. Ebbene, moltiplicando questo numero per il costo annuale ricavato dai ricercatori umbri, se tutti i bambini 'ADHD' venissero davvero etichettati, la cosa costerebbe al contribuente la bellezza di circa 2 miliardi di Euro/anno. Per confronto, la finanziaria lacrime e sangue del governo Monti serviva a recuperare 20 miliardi di Euro! Piatto ricco, mi ci ficco; e non c'è da stupirsi se la macchina da guerra del marketing farmaceutico si è messa in moto con l'obiettivo di etichettare il maggior numero possibile di bambini e adolescenti.

Ai costi diretti si aggiungono così quelli del marketing, anche se questi ultimi sono più difficili da verificare. Negli USA, dove la legge garantisce maggior trasparenza e obbliga i ricercatori a rivelare i loro conflitti d'interesse prima di pubblicare uno studio o parlare a un congresso, il fenomeno è meglio documentato. Per esempio, secondo quanto scoperto dal reporter investigativo Kelly Patricia O'Meara nei dossier della Commissione Governativa d'Inchiesta sulle associazioni di pazienti, l'industria farmaceutica ha finanziato le associazioni CHADD (Children and Adults with ADHD – 7 milioni di dollari dal 2000 al 2006) e NAMI (National Association on Mental Illness – 23 milioni di dollari nel periodo 2006-2008).

In Italia non è così facile, ma una ricerca su internet rivela come questi 2 miliardi di Euro siano solo la punta dell'iceberg. Abbiamo setacciato alcuni siti istituzionali, incrociando i nomi delle più note associazioni pro-ADHD con quelli delle società farmaceutiche produttrici di farmaci per ADHD: sono saltati fuori finanziamenti ad associazioni e convegni da parte dell'industria farmaceutica, contributi dalle banche ed Enti Pubblici e corsi di formazione nelle scuole. Da notare che, in ultima analisi, a pagare il conto è sempre il contribuente, e non solo per i contributi da Enti Pubblici: anche i costi del marketing farmaceutico vengono caricati sul prezzo di vendita dei farmaci (a carico del Servizio Sanitario Nazionale).

Di fronte a un tale spiegamento di forze, non sorprende constatare come anche il MIUR (Ministero dell'Istruzione Università e Ricerca) sia caduto nella trappola mediatica e, unendosi al coro allarmistico, ha diramato ben sei circolari sul pericolo ADHD nel solo triennio 2009-2012, paragonati a una sola circolare sulle cardiopatie e zero sull'epatite!

Il tutto per una malattia definita "fabbricata" dal suo stesso padre scientifico (Leon Eisemberg), e a proposito della quale Allen Frances, noto psichiatra statunitense, professore emerito di psichiatria alla Duke University, e presidente del comitato di redazione del DSM IV (recentemente 'pentito' e divenuto critico del DSM) ha avuto modo di dire: "Da quando abbiamo completato il DSM-IV, negli USA sono scoppiate tre epidemie : ADHD, Autismo e Disturbo Bipolare".

In Italia non siamo (ancora) arrivati al livello di epidemia, ma preoccupa rilevare (dati Osservatorio Medico) come il consumo di psicofarmaci tra bambini e adolescenti sia in costante aumento, a partire dagli stimolanti usati per 'curare' l'ADHD: farmaci anfetaminici caratterizzati, come ricordato dall'autorità farmacologica statunitense, da effetti collaterali preoccupanti come dipendenza fisica e psicologica, comportamento anormale, episodi psicotici, sintomi di psicosi e mania, allucinazioni, problemi cardiovascolari, decesso improvviso, ecc.

Il commento di Allen Frances sul DSM (il libro sacro della psichiatria, contenente l'elenco di tutti i cosiddetti disturbi mentali) ci permette di trarre alcune conclusioni sulla responsabilità dell'establishment psichiatrico. Non bisogna infatti dimenticare come, al di là degli inevitabili desideri di profitto delle case farmaceutiche, questa gallina chiamata ADHD non potrebbe covare le sue uova d'oro senza il fondamentale appoggio della psichiatria istituzionale – i baroni delle associazioni psichiatriche nazionali, europee e mondiali. L'intera categoria psichiatrica si guarda bene dal denunciare lo scandalo ADHD e, con questo atteggiamento accondiscendente, se ne rende implicitamente corresponsabile.

Il CCDU chiede anche in Europa una normativa, simile a quella USA, che obblighi studiosi e ricercatori a rivelare i loro conflitti d'interesse con l'industria quando pubblicano i loro studi su riviste mediche o li presentano nei congressi. In maniera simile, le stesse riviste dovrebbero essere obbligate a rivelare le loro fonti di finanziamento e, nel momento in cui pubblicano uno studio su un certo farmaco o dispositivo medico, dichiarare ogni coinvolgimento con il produttore.

Alberto Brugnettini - CCDU onlus

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