Distrutto dalle cure psichiatriche, giovane sporge denuncia alle autorità

Legge

La denuncia alla Procura della Repubblica Italiana che segue è emblematica e dimostra come molto frequentemente si opera nel campo della salute mentale.

Nel 2000, P.S. è un giovane culturalmente qualificato, laureato, amante dei viaggi culturali, con vari hobbies e sportivo, impegnato nel sociale e nei rapporti umani. Attraversando un periodo di difficoltà lavorativa, dove i propri diritti di lavoratore non erano sufficientemente tutelati, entra in un forte turbamento emotivo e psichico.

I genitori, invece di suggerirgli di rivolgersi ad associazioni di lavoratori, sindacati o professionisti, allo scopo di tutelare i propri diritti di lavoratore, lo portano da uno psichiatra.
Lo psichiatra gli prescrive immediatamente neurolettici, escludendo incontri con psicologi o cicli terapeutici differenti.

Più assume i farmaci prescritti, più si sente male e manifesta disturbi della personalità.
Viene sottoposto a trattamenti sanitari obbligatori (TSO) senza che ne sussistano le reali e contingenti necessità o circostanze preventive quali cagionare danno a se steso o alla collettività.

La documentazione medica non evidenzia mai tali presupposti, né risultano iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione di P.S., (Art.33 Legge 23 dicembre 1978, n. 833 - Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori), venendo preliminarmente sedato. Non gli viene data nessuna informativa sugli effetti deleteri dei farmaci, sull'esistenza di alternative cure farmacologiche meno invasive e offensive o che possano in qualche modo giovare in concreto al "paziente".

Gli psicofarmaci gli generano sempre più assuefazione, anche dove assunti in dosi ridotte. La loro assuefazione provoca effetto soporifero e offuscando le facoltà mentali, oltre a sbalzi d'umore, depressione, passività, così che la vita personale e relazionale di P.S. si annulla per risentirsi, con effetti amplificati, al momento in cui ne smette l'assunzione.

E' praticamente costretto a casa, potendo nel migliore dei casi guardare la televisione, un'umiliazione insopportabile. Aumentano le crisi psicotiche e di conseguenza aumentano i medicinali somministrati (psicofarmaci).

Nei momenti di lucidità P.S. reclama la sua volontà di non assumere gli psicofarmaci, di vagliare modalità alternative, di non essere sottoposto a TSO, di non essere oggetto delle cure di quei medici che lo hanno rovinato e di conoscere le ragioni per cui avrebbe dovuto prendere psicofarmaci per tutta la vita (come gli era stato detto dai medici stessi).

Sotto assunzione di farmaci P.S. ha tentato anche il suicido come ultimo rimedio per uscire da una vita inumana. Tentato suicido che si è verificato dopo l'ultimo TSO, allorché tornato a casa, con in mano solo prescrizioni di psicofarmaci da assumere senza termine e con avanti gli effetti deleteri da cui P.S. intendeva fuggire, (depresso, bulimico, senza vita sociale, rovinato fisicamente, soggetto solo alla altrui volontà in specie quella medica, senza alcun beneficio sulla propria salute e socialità, etc.) decide di farla finita assumendo una overdose dei medesimi psicofarmaci. Segue nuovo ricovero presso la medesima struttura ospedaliera.

La diagnosi non è condivisa dai medici. Da un lato un medico ritiene che P.S. sia affetto da disturbo della personalità; dall'altro lato ancora, altri medici lo qualificano come affetto da disturbo dell'umore.

Anche se la diagnosi non è ben delineata, P.S. è oggetto solo di cure farmacologiche deleterie e peggiorative del proprio stato.

Come emerso in altre sedi, i farmaci somministrati si sono rivelati sproporzionatamente eccessivi rispetto alle sintomatologie riscontrabili oltre a creare gravosa dipendenza e assuefazione. Inoltre, è stato accertato che per effetto dei trattamenti somministrati, la vita personale, sociale e relazionale di P.S. non è migliorata , rivelandosi i farmaci nel procurare danni patrimoniali, esistenziali ed alla vita di relazione (questi ultimi difficilmente reversibili). I farmaci hanno avuto un effetto deleterio sul fisico, trasformandolo da vigoroso in flaccido; sul morale, trasformandolo da ottimista e fiducioso nel genere umano in pessimista e timoroso dell'altrui contatto; sulla psiche, mutandolo da attivo e appassionato alla cultura dello sport fino a farlo cadere in apatico, svogliato indifferente alle sollecitazioni esterne.

I danni conseguenti sono stati gravissimi sulla persona di P.S. che solo negli ultimi tempi, con l'aiuto di altri esperti naturali (naturopata, etc.), con la riduzione nel tempo di massicce e inadeguate dosi di farmaci, con il riacquistare la fiducia in se stesso, venuta meno a fronte degli effetti di assunzioni errate spesso prescritte, altre volte imposte forzatamente, ha compreso di come sia stato vittima di non oculate cure, impartite al solo scopo di tacitare un uomo a volte compulsivo.

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