Genitori e Famiglia: Sì alla libertà di scelta

Bambini che studiano

Lungimirante decisione dei Servizi Sociali che ha garantito la libertà di scelta terapeutica dei genitori, scongiurando l’allontanamento del bambino dalla famiglia. CCDU: si consolida la libertà di scelta e il principio di sussidiarietà.

Lombardia. Oggi una mamma ci ha scritto una lettera: suo figlio è uscito da scuola felice e sorridente con il suo quadernone rosso sotto il braccio!

Non è la pubblicità di una merendina, e nemmeno una notizia scontata. L’immagine, infatti, rappresenta la validità della decisione dei Servizi sociali di una provincia lombarda, che ha garantito la libertà di scelta dei genitori e il diritto all’apprendimento del bambino, oltre a scongiurare il suo allontanamento dagli affetti familiari.

La vicenda inizia sette anni fa, ma precipita nel mese di settembre del 2016, quando il bambino inizia la scuola elementare: le maestre segnalano un forte disadattamento sociale e relazionale del bambino, e intervengono i servizi sociali. Il Servizio di neuropsichiatria infantile della ASL sentenzia: va tolto dalla famiglia! I genitori – lui un ufficiale dei Carabinieri, lei una mamma a tempo pieno – sarebbero pregiudizievoli per lo sviluppo del bambino.

La mamma non si abbatte e si rivolge al Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) per denunciare la propria sofferenza; e alla Prof.ssa Vincenza Palmieri – per una consulenza tecnica, quale psicologo forense – e per attivare un sostegno pedagogico familiare.

Ecco il suo racconto, in questa lettera:

«Voglio scrivere questa lettera per dare coraggio ad altre famiglie come la mia.

Sette anni fa venne al mondo mio figlio, in Piemonte. Nacque col torcicollo e la testa inclinata. La fisiatra mi consigliò una serie di esercizi e il bambino ritornò col capo composto.

A distanza di qualche mese ci trasferimmo in Lombardia, dove iniziò un vero e proprio calvario. Andammo a una visita di routine dalla neuropsichiatra e da lì iniziò il tormento. Iniziò a diagnosticare patologie inverosimili a un bambino di soli 7 mesi. E non ci fu nessun verso di poter cambiare neuropsichiatra in tutta la provincia. Non c'era verso di uscire da quel tunnel oscuro, diagnosi contro diagnosi, dal disturbo evolutivo specifico misto si arrivò al ritardo mentale.

Ma non trovando nulla come risposta concreta in tutti gli esami effettuati, la neuropsichiatra iniziò a darmi la colpa come mamma. […]

Lì, abbiamo deciso di rivolgerci al Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus.

Inoltre, ho cercato un istituto più competente. Tra le pagine di Internet mi si aprono le porte e le strade dell’INPEF. Conosco la dottoressa Vincenza Palmieri e riferiamo all’assistente sociale che avremmo voluto e preferito che a seguirci fosse solo la dott.ssa Palmieri con il suo staff dell’INPEF […]. E l’assistente sociale ha accettato!!! […]

Dopo vari colloqui con l'equipe, e gli approfondimenti professionali eseguiti da questo Istituto, si riscontra che quanto scritto dalla neuropsichiatra, la patologia di RITARDO MENTALE AL LIMITE COL BORDERLINE, non ci azzeccava nulla con mio figlio […] quindi la diagnosi che gli è stata data con la relativa legge 104 non era per niente esatta.

Mi hanno privato nell'arco di 7 anni di poter fare un altro figlio perché era probabile che venisse al mondo ritardato anche lui (messo per iscritto dalla neuropsichiatria).

La prima scuola primaria dov'era iscritto il bambino lo emarginava, veniva messo in fondo all'aula da solo col banchetto, deriso dagli amici e trattato male, il bambino viveva con sofferenza l’ambiente scolastico. Le docenti avevano un atteggiamento non professionale e l'assistente sociale ha accordato con noi il cambio scuola. Portandolo in un’altra scuola la situazione è migliorata fortunatamente.

A oggi posso dire che l'intervento della Prof.ssa Palmieri è stato fondamentale per portare verità e giustizia in una famiglia cui per ben 7 anni era stato inculcato di avere un bambino non normale ma con handicap, e poterlo così educare, non etichettare da falso malato. Sicuramente con l'intervento della Prof.ssa Palmieri si è potuto anche evitare l'ennesimo sequestro di stato di un minore che poteva esser portato via alla famiglia originaria.

Oggi mio figlio vive in modo sereno l'ambito scolastico con i compagni, si sente a suo agio e rispettato come bambino, non è etichettato da malato, ha la gioia di eseguire i compiti scolastici nel suo quadernone e non vede l’ora di mostrare a noi genitori il quadernone con i compiti svolti. Esce dalla scuola col sorrisone di dire mamma sono uscito assieme ai miei compagni col loro stesso orario, e ho fatto il bravo. Una mamma.»

«Esprimiamo grande soddisfazione per l’esito positivo della vicenda e l’importante decisione dei Servizi sociali che sancisce e rafforza la libertà di scelta dei genitori per quanto riguarda gli aspetti scolastici e pedagogici. Viene anche garantito il principio di sussidiarietà su cui si fonda l’Unione Europea.»

Sostiene Paolo Roat, Responsabile Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus, che conclude:

«Notiamo da anni un eccessivo interventismo da parte delle istituzioni, a volte una sorta di accanimento istituzionale e terapeutico, che preferisce un approccio sanitario-psichiatrico anziché socio-educativo.

Questa vicenda dimostra ancora una volta ciò che sosteniamo da anni: lavorando in coordinazione tra servizi sociali, enti e professionisti graditi alla famiglia, si ottengono risultati inaspettati, valorizzando il ruolo e le risorse dei genitori e della famiglia, prevenendo percorsi sanitari o istituzionalizzanti per problemi che spesso sono esclusivamente educativi.»

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