Non vuoi lo psicofarmaco? Ti porto via i figli

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Bambini prelevati dopo il rifiuto dei genitori di somministrare un farmaco psicotropo al figlio. CCDU: sottrazione immotivata - nessun maltrattamento sui bambini, solo valutazioni soggettive. L’avvocato: qual è il progetto di tutela per i bambini?

Brescia. Bambini allontanati in seguito al rifiuto dei genitori di somministrare uno stabilizzatore dell’umore al figlio maggiore. In seguito ad un calo dei voti scolastici, lo avevano anche ritirato dal centro diurno che frequentava per “curare” una controversa diagnosi psichiatrica di disturbi della condotta e della sfera emozionale.

Nella loro ultima relazione i Servizi Sociali riferiscono il parere della neuropsichiatra al momento non sarebbe necessaria per lui alcuna terapia farmacologica ”, ma “permangono le difficoltà relazionali dei/con i genitori, che non hanno consentito di affrontare le questioni che hanno portato all’allontanamento dei minori” per cui “pare utile, nell’interesse dei minori, che gli stessi proseguano l’inserimento comunitario in corso” . I Servizi Sociali, anziché ammettere l’errore e porvi rimedio, sembrerebbero concentrarsi sulle presunte difficoltà psichiche/relazionali dei genitori.

Prima dell’allontanamento, i bambini erano sereni, andavano bene a scuola, facevano attività extrascolastiche ed erano ben curati. Questo è stato confermato persino dai Servizi Sociali: “sono state riconosciute [ai genitori] una serie di competenze, quali l’impegno affinché i figli facessero attività sportive e musicali oltre la scuola, l’attenzione a cure dentistiche/odontoiatriche, ecc.”

Il calvario di questa famiglia inizia nella primavera del 2016. Quando la mamma decide di togliere i bambini dal Centro, viene minacciata di perdere bambini. Il papà e la mamma sono increduli di fronte a questa minaccia, ma poco dopo i Servizi Sociali inviano una segnalazione al Tribunale per i minorenni, aggiungendo che i genitori rifiutano di dare psicofarmaci al figlio.

La famiglia si rivolge a un avvocato in gratuito patrocinio. I genitori vengono convocati in Tribunale ma non si presentano per ben due volte (come risulta dalla documentazione, in entrambi i casi si tratta di un errore dell’avvocato, che omette di comunicare alla famiglia). Il Tribunale, di fronte alla latitanza dei genitori, senza alcuna istruttoria e senza prove accertate di abusi o maltrattamenti, ordina l’allontanamento dei bambini dalla famiglia. E non allontana solo il ragazzo “malato” ma anche gli altri tre bambini.

I quattro fratelli vengono addirittura separati: il più grande a Verona e gli altri tre a Brescia. Gli stessi Servizi Sociali, come dichiarato espressamente dall’assistente sociale ai genitori, sono stupiti del decreto di allontanamento: una decisione così grave e invasiva, come la disintegrazione di una famiglia e la violazione degli affetti familiari, viene decretata senza alcun fatto grave e accertato, ma sulla sola segnalazione dei servizi che, paradossalmente, è stata di recente superata, se “ al momento non sarebbe necessaria alcuna terapia farmacologica ”.

Attacca Mariella Brunelli, referente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani per l’area di Brescia:

“L’assistente sociale riconosce il lavoro e la perizia dei genitori con i figli («paiono essersi adattati alla vita comunitaria») MA «pare utile, nell’interesse dei minori, che gli stessi proseguano l’inserimento comunitario in corso».

In realtà, essendo decaduta la questionabile motivazione del rifiuto agli psicofarmaci, le uniche motivazioni dell’allontanamento sono le difficoltà relazionali dei/con i genitori che, secondo quanto condiviso dall’assistente sociale con la psicologa dell’ASST (Azienda Socio Sanitaria Territoriale) «sarebbero ascrivibili ai problemi psichiatrici del padre e ai “tratti paranoidei” della madre».

Non ci sono maltrattamenti né pregiudizi accertati sui bambini, mentre il riferimento ai presunti problemi psichici dei genitori appare quantomeno campato per aria: il padre avrebbe sofferto di depressione parecchi anni fa ma poi ne è uscito, mentre non risultano diagnosi di sorta nei confronti della madre.

Si tratta di un film già visto: le cosiddette diagnosi psichiatriche, come documentato in maniera definitiva nel celebre esperimento di Rosenhan, non sono sostenute da alcun esame oggettivo e sono caratterizzate da ampi margini di discrezionalità e soggettività.

Non dovrebbero avere valore di prova nelle aule dei tribunali, tantomeno quando siano in gioco il bene, l’unità e la serenità di una famiglia con bambini piccoli.”

Il CCDU ha redatto un appello al Sindaco, e ora 200 cittadini preoccupati chiedono un intervento per tutelare questi bambini e aprire un’inchiesta sull’operato dei funzionari coinvolti.

La famiglia ha ora deciso di rivolgersi all’avvocato Francesco Miraglia del foro di Roma. L’avvocato ha chiesto immediatamente un incontro con i servizi per capire qual è il progetto per i bambini.

Conosciamo tutti i vari percorsi e accertamenti sui genitori, ma cosa si vuole fare per tutelare i bambini? I servizi non hanno ancora risposto.

Un primo risultato, intanto, è stato ottenuto: i genitori non vedevano i bambini da un mese e mezzo, ora finalmente l’assistente sociale si è rifatta viva e ha organizzato un incontro con i bambini.

Siamo certi che il Sindaco si attiverà. L’augurio è che il Tribunale riesamini la vicenda e riporti questi bambini a casa, dove hanno chiesto più volte di poter tornare.

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