Psichiatria e distorsione della giustizia

Convegno: "Psichiatria e distorsione della giustizia"

Milano - Mercoledì 23 ottobre, al Grand Hotel Villa Torretta di Sesto S Giovanni (MI), si è tenuto il convegno "Psichiatria e distorsione della Giustizia", organizzato dal CCDU (Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani) e dalla sezione italiana della LIDU – Lega Internazionale per i Diritti dell'Uomo. Hanno partecipato un centinaio di persone. Obiettivo: far luce su una pericolosa deriva del sistema giudiziario, quasi appiattito su perizie psichiatriche che tendono sempre più ad assumere valenza di prova oggettiva, e su come questa deriva sia lesiva dei diritti umani.

I lavori sono stati aperti da Silvio De Fanti, vicepresidente del CCDU con una citazione dal libro "Whores of the Court" ("Prostitute del Tribunale"), una descrizione disincantata e dissacrante di come la giustizia abbia abdicato in favore della psichiatria, a opera di Margaret Hagen, ricercatrice del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Boston. De Fanti ha citato l'esempio della perizia psichiatrica in cui si sosteneva che l'Ing. Elvio Zornitta "avrebbe potuto essere" Unabomber - l'inizio di un incubo kafkiano destinato a rovinare la vita di un innocente.

Ha poi preso la parola il prof. Morris Ghezzi, presidente della LIDU e ordinario di Filosofia e Sociologia del Diritto all'Università degli Studi di Milano. Il giudice non è più peritus peritorium – esperto degli esperti, che ascolta i pareri dei periti ma poi si riserva di fare una valutazione indipendente – ma ha ceduto la funzione di controllo sociale alla medicina, e alla psichiatria in particolare. Il controllo sociale avviene attraverso la catalogazione (lecito-illecito nel caso della giustizia; umano-disumano se si tratta di sociologia; sano-malato per la psichiatria) e successiva stigmatizzazione del comportamento sbagliato. Se però l'accusa di illecito è soggetta a contraddittorio, nel corso del quale l'imputato può difendersi e produrre prove a suo sostegno, l'imputato accusato da una perizia psichiatrica scopre ben presto di avere poche speranze.

La perizia psichiatrica rappresenta infatti un'anomalia nel sistema giudiziario. Le perizie tecniche sono basate sul principio di riproducibilità dell'esperimento – ripetibilità soggette a variazione statistica, ma pur sempre documentabile e valutabile, e aiutano il giudice a farsi una sua idea. Il comportamento umano, invece, è influenzato da un così grande numero di fattori, molti dei quali imponderabili, da essere per sua natura unico e irriproducibile. Così un perito balistico può riprodurre in laboratorio la traiettoria di un proiettile, ma nessuno potrà mai riprodurre la moltitudine di circostanze che hanno portato l'imputato ad ammazzare la vittima.

Il concetto di malattia mentale è basato sulla valutazione del comportamento umano, valutazione a sua volta variabile in funzione dell'ambiente, degli usi e costumi, del livello culturale e del benessere economico. Così una persona colta e ricca ha più probabilità di difendersi da una perizia psichiatrica rispetto a un altro. La stessa capacità d'intendere e di volere, un'etichetta psichiatrica capace di determinare l'esito di un processo, dipende da fattori economici e sociali – non medici.

La dottoressa Silvia Raimondi, psicologa e consulente del Tribunale di Bergamo, ha spiegato bene il funzionamento tecnico dei processi, soprattutto nei casi di divorzio e affidamento, la sua specialità, descrivendo come spesso si crei una specie di simbiosi tra giudice e CTU (il Consulente Tecnico d'Ufficio: quello, cioè nominato dal giudice) per cui un certo giudice si avvale spesso del perito con cui ha una comunione d'idee o di vedute. Il giudice sempre più spesso si appiattisce sulla perizia evitando una valutazione autonoma, e la sentenza si riduce a un copia-incolla della perizia."La perizia – specialmente se fatta su un bambino – è un episodio molto stressante: a volte i genitori non si rendono conto del danno che creano quando, in una causa di divorzio, richiedono la perizia sul bambino."

Interessante e ricco di aneddoti l'intervento di Giorgio Pompa, ex Telefono Viola e ora rappresentante dell'Associazione dalle Ande agli Appennini:

Tra le perizie d'ufficio, quella psichiatrica rappresenta una triplice anomalia" - spiega Giorgio Pompa – "per l'oggetto dell'indagine (non un oggetto visibile e misurabile ma un soggetto – e non una persona qualsiasi: l'imputato!) per il rapporto con la sentenza (spesso il giudice non esercita la sua funzione di perito dei periti, ma recepisce in maniera acritica il parere psichiatrico, che poi diventa la sentenza) e per i diritti dell'imputato (come mi difendo se uno psichiatra dice che sono un papà violento anche se non c'è nessuna prova oggettiva di violenza?).

L'avvocato Francesco Morcavallo fino a pochi mesi fa era giudice presso il Tribunale dei Minori di Bologna, e in quella veste ha sperimentato direttamente l'influenza nefasta della psichiatria sulla giustizia. "Dalla perizia psichiatrica non ci si può difendere perché è un'opinione, non un fatto" spiega Morcavallo, aggiungendo come "l'attribuzione di rilevanza giuridica alla malattia mentale – a prescindere dal fatto che essa esista o meno – costituisce semplicemente la stigmatizzazione della diversità, e non dovrebbe decidere l'esito di un processo."

Ha chiuso i lavori un medico, il dott. Roberto Cestari, presidente del CCDU, con una carrellata storica sulle origini della psichiatria e sulla catalogazione dell'anormalità:

In mancanza di prove oggettive (radiologiche, biochimiche o altro) la diagnosi psichiatrica non ha la stessa valenza di una diagnosi medica, e dovrebbe essere considerata una semplice teoria, un'ipotesi – non un 'fatto'. Nell'aula di un tribunale, essa non dovrebbe avere valore probatorio.

Per illustrare l'invalidità probatoria delle indagini psichiatriche e l'impossibilità di analizzare il comportamento con la certezza richiesta in un tribunale, il dott. Cestari ha raccontato la storia di James Thurber sull'unicorno in giardino.

Un anziano signore passa le sue giornate a guardare il giardino, ma la cosa disturba la sua anziana moglie, che vorrebbe farlo rinchiudere.
Un giorno il signore dice alla moglie di vedere un unicorno in giardino. La moglie pensa "adesso l'ho in pugno – lo faccio rinchiudere", e chiama uno psichiatra. Lo psichiatra, armato di camicia di forza, viene a visitare il malcapitato signore ma lo trova normale ed equilibrato.
Per smontare l'apparente messinscena, lo psichiatra lo sfida, e gli chiede se lui veda un unicorno in giardino. L'uomo risponde: "Un unicorno? Ma sono creature immaginarie! Come potrebbe essercene uno nel mio giardino?". Lo psichiatra allora sentenzia: "Portate via la signora – è matta da legare!" Il marito da quel giorno visse felice e contento.

Al termine del convegno alcuni dei partecipanti, rappresentanti di varie associazioni, si sono intrattenuti coi relatori, esprimendo il desiderio di creare un network stabile, che possa lavorare a vari livelli per riportare la funzione di controllo sociale nell'ambito della Giustizia, sottraendola all'abbraccio mortale con la psichiatria.

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