Urgente una riforma del TSO in senso garantista

Non passa giorno senza che i giornali non riferiscano episodi di Trattamento Sanitario Obbligatorio controversi, in cui non si capisce bene di quale ‘malattia’ si stia parlando e, soprattutto, quale sarebbe la cura. Il CCDU, Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, riceve ogni anno centinaia di segnalazioni di abusi, e da questa casistica si direbbe che il nodo centrale del TSO non sia stato affatto risolto dalla riforma: uno strumento di controllo sociale mascherato da intervento medico.

Lo stesso Franco Basaglia, infatti, non nascose le sue perplessità. In un’intervista, rilasciata al quotidiano La Stampa, ebbe modo di dire:

“Non si deve credere di aver trovato la panacea a tutti i problemi della malattia mentale con il suo inserimento negli ospedali. La nuova legge cerca di omologare psichiatria e medicina, cioè il comportamento umano al corpo. È come omologare cani e banane… Negli ospedali ci sarà sempre il pericolo dei reparti speciali, del perpetuarsi di una visione segregante ed emarginante.”

La montagna, come previsto, ha partorito un topolino: nei reparti psichiatrici si è meramente riprodotta la stessa logica manicomiale che fu oggetto di contestazione negli anni della riforma. Secondo un sondaggio che il CCDU ha commissionato a GPF, la maggioranza degli italiani ignora la mancanza di tutele giuridiche con cui vengono eseguiti i TSO e sarebbe favorevole a una riforma in senso garantista.

Se ne è parlato in una teleconferenza organizzata ieri sera dal CCDU. Presenti il Presidente e il Presidente Onorario del CCDU, avv. Enrico Del Core e dott. Roberto Cestari, sono intervenuti l’avvocato Michele Capano, membro del direttivo radicale, e dell’Associazione Diritti alla Follia, e l’avvocato Sofia Ciuffoletti, Ph.D e ricercatrice sul Diritto presso l’Università degli Studi di Firenze e direttrice dell’Organizzazione di Volontariato “L’Altro Diritto”.

L’attuale procedura di TSO è stata descritta e poi confrontata con i fondamenti del diritto, con particolare riferimento alla nostra Costituzione e alle linee Guida internazionali definite dall’ONU e dai tribunali per i diritti umani. Ne emerge un quadro inquietante, perché i paletti previsti dal legislatore per impedire l’abuso routinario vengono quotidianamente aggirati tramite trucchetti di bassa lega:

“la tecnica del Padrino (l’offerta che non si può rifiutare: se non accetti il trattamento volontario ti facciamo il TSO) e l’approvazione da parte di terzi (l’amministratore di sostegno che accetta il ricovero a nome del malcapitato, trasformandolo da obbligatorio a “volontario”).”

In alcuni punti, però, la legge non è semplicemente violata, ma proprio sbagliata. La dottoressa Ciuffoletti ha citato l’esempio di una sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo che, in seguito a informazioni accurate ricevute dal CTP (Comitato per la Prevenzione della Tortura) nel 2004 ha stabilito che

“la consuetudine dei giudici tutelari di limitarsi a verificare la correttezza formale della richiesta di TSO costituisce un “grave errore” -  i giudici dovrebbero ascoltare la persona interessata in un contraddittorio, anche recandosi in ospedale se necessario”.

Sono passati sedici anni, ma questa sentenza è rimasta lettera morta. Un altro esempio viene dall’analisi dell’articolo 13 della Costituzione, dove recita:

È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà

Si noti come i Padri della Repubblica abbiano saggiamente incluso la violenza morale oltre a quella fisica. Ne segue che la diffusissima pratica della contenzione (sia quella meccanica, che si attua tramite camicie di forza o lettini a cui legare il malcapitato, sia quella chimica con iniezione forzata di farmaci psicotropi) è – di fatto – anticostituzionale.

L’avvocato Capano ha poi illustrato le linee guida della proposta di riforma del TSO, incentrate su tre punti cardine: il diritto alla difesa PRIMA del ricovero come previsto dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, il diritto a comunicare liberamente (tramite telefonino o ricevendo visite di parenti e amici) l’obbligo di telecamere di sorveglianza e la revisione del ruolo dell’amministratore di sostegno.

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