Neuropsichiatria: nuove bufale all’orizzonte

Cervello, diagnosi psichiatria

“La storia della psichiatria è la storia dei suoi fallimenti.” Thomas Szasz

A partire dal diciannovesimo secolo, la psichiatria ha sempre cercato di legittimarsi come branca della medicina. Questa legittimazione è la base su cui poggiano tutti gli abusi psichiatrici. Senza di essa non esisterebbero TSO e contenzioni, non sarebbe possibile prescrivere i lucrativi psicofarmaci, e gli psichiatri non sarebbero chiamati in tribunale a fornire (costosissime) perizie.  In breve: svanirebbe il loro potere. Per farlo, doveva dimostrare l’origine organica dei cosiddetti disturbi mentali.

La frenologia, per esempio, cercava di attribuire i comportamenti umani a certe protuberanze del cranio, mentre la ventricolografia pretendeva di ricavare informazioni mentali pompando aria nei ventricoli del cervello e andando a misurare le differenze di pressione.

Charcot, uno dei padri della neurologia, dirigente medico presso la Salpetriere di Parigi nella seconda metà dell'ottocento, voleva trovare la causa fisica delle malattie mentali. Sezionò i cadaveri di molti pazienti e trovò delle anomalie nei cervelli di qualcuno di questi - anomalie che lui interpretò come causa della malattia mentale. In realtà si trattava con ogni probabilità di granulomi gommosi da sifilide o tumori benigni o maligni, e le successive ricerche dimostrarono l'inesattezza dell'ipotesi di Charcot. Poco dopo vennero scoperti i batteri, e si scatenò l'infruttuosa caccia allo schizococco - il batterio ritenuto responsabile della schizofrenia. Più tardi furono scoperti i virus, e non mancò chi, senza successo, cercò di provare l'origine virale della malattia mentale.

In anni più recenti fu il turno dello squilibrio chimico: le malattie mentali - si diceva - dipendono dalla chimica del cervello, anche nessuno è mai stato in grado di misurare questo squilibrio né (perlomeno) stabilire quale dovrebbe essere l'equilibrio. Queste teorie sono screditate dallo stesso establishment psichiatrico, ma sono ancora usate nel marketing psicofarmacologico. Oggi va di moda la genetica, e non manca chi, paragonando il comportamento (ritenuto patologico) di alcuni padri e figli, sostiene che il trasferimento da padre a figlio di certe anomalie comportamentali, ha un'evidente origine genetica.

Non trovando il gene della follia, oggi gli psichiatri puntano sugli studi di imaging funzionale. Leggiamo spesso articoli diretti al grande pubblico che diffondono l'ultima scoperta: "scoperto il gene della pazzia", "scoperto il neurone dell'innamoramento", "individuata l'area cerebrale della schizofrenia...", "esame con RMN, PET, ecc. permette di individuare il cervello schizofrenico...", ecc. Queste ricerche meritano rispetto in quanto ipotesi, ma nessuna ha mai provato nulla

L’anno scorso il National Institute for Mental Health (NIMH - la massima autorità USA nel campo della salute mentale) attaccava il Manuale Diagnostico e Statistico (testo sacro della psichiatria, la lista di oltre 350 disturbi mentali ufficialmente riconosciuti) sostenendo che l’elenco di comportamenti ritenuti patologici, in assenza di strumento diagnostico oggettivo, sarebbe ascientifico.

Nel leggerne il resoconto abbiamo provato un’inquietante sensazione di déjà-vu. L’intera storia della psichiatria consiste di cicli ripetuti in cui una soluzione viene dapprima osannata come ultimo ritrovato scientifico, poi criticata da molti come inutile e/o dannosa e infine, quando anche i più fervidi sostenitori sono costretti ad arrendersi di fronte all’evidenza, sostituita con una nuova scoperta miracolosa. Anziché rallegrarci, la notizia ci ha dunque messo in allarme: se il NIMH attacca il DSM, l’intento può essere solo peggiorativo.

L’elenco completo di errori e orrori psichiatrici sarebbe troppo lungo, e ci limitiamo a segnalare qualche esempio: bagni alternati in acqua bollente e gelata, castrazione e scosse elettriche ai genitali, compressione dei genitali, isterectomie (rimozione dell’utero, per curare l’isteria) shock insulinico, elettroshock, lobotomia e via delirando. Più recentemente, con il crescente impiego di psicofarmaci, abbiamo assistito al passaggio dai metodi di tortura meccanici ed elettrici a quelli chimici. La sostanza, però, non è cambiata.

E’ stato così per gli oppiacei, utilizzati nei manicomi del 19° secolo per ‘curare’ gli eccessi d’ira dei detenuti. La storia si è ripetuta con l’introduzione di eroina e cocaina come panacee universali. Poi, quando gli effetti collaterali vennero a galla, ecco apparire il nuovo ritrovato miracoloso: l’amfetamina. La macchina pubblicitaria si rimette in modo: dexedrina cura tutto e non ha effetti collaterali. Di nuovo gli effetti collaterali vengono dapprima negati e infine riconosciuti.

Arriva così il turno della torazina - un antiparassitario suino che, si scoprì, aveva la capacità d’indurre un ritardo motorio e un’indifferenza emotiva - impiegato per un ventennio come antipsicotico. In realtà produceva una specie di lobotomia chimica e comportava effetti collaterali gravi e spesso irreversibili.

Via dunque la torazina, e benvenuto ai tranquillanti leggeri (come il Valium - ‘il piccolo aiutante della mamma’ secondo la pubblicità); parte un nuovo ciclo: entro dieci anni molte di queste sostanze vengono identificate come “più pericolose e assuefacenti della cocaina e della metamfetamina”. Ma non preoccupatevi: ecco in arrivo il Prozac e la famiglia di antidepressivi.

Spacciati all’inizio come la nuova panacea universale (la frase ‘siamo tutti depressi’ appare sempre più insistentemente su tutti i media) si scopre poi che non solo comportano effetti collaterali agghiaccianti (tra cui istinti suicidi e omicidi), e danno assuefazione ma persino che il loro effetto “terapeutico” è pari a quello delle pillole di zucchero utilizzate nei test scientifici per valutare la vera efficacia di un farmaco rispetto all’effetto placebo.

Assieme allo squilibrio chimico, anche la marea di pillole della felicità è destinata a svanire nel dimenticatoio. Ormai anche i più grandi luminari riconoscono l’infondatezza della teoria, e le stesse case farmaceutiche (dopo aver perso decine di cause legali multimilionarie) hanno messo un freno alla ricerca sugli psicofarmaci, e pian piano lasciano decadere i brevetti senza rinnovarli o sostituirli con nuove scoperte. Le neurotecnologie si presentano come l’ultimo ritrovato, che spalancherà la porta alle magnifiche sorti, e progressive, di questa disciplina. Gli strizzacervelli del terzo millennio, si dice, avranno a disposizione tecniche di diagnosi e cura moderne, come le altre discipline mediche. Ma è vera scienza?

La diagnosi con tecniche di neuroimaging

Immagine rimossa.

Con “neuroimaging” s’intendono quelle tecniche di radiografia cerebrale - come la risonanza magnetica funzionale e la PET - in grado di produrre un’immagine “dinamica” (che riflette, cioè, l’attività cerebrale delle varie aree), mentre la persona è impegnata in un compito mentale; come il concentrarsi su qualcosa. I ricercatori poi confrontano i risultati con scansioni effettuate su soggetti a riposo, ottenendo le coloratissime e familiari “mappe di attivazione” che oggi spopolano sui media.

Molti neuroscienziati, però, hanno trasformato le scansioni del cervello in truffe. Le immagini sono spesso utilizzate da ricercatori e media per dimostrare come alcune aree specifiche del cervello rappresentino le sedi di amore, odio e altre esperienze umane, dando per scontato che il cervello lavori a compartimenti stagni, in cui ogni area è deputata a una sola funzione in maniera pressoché esclusiva. Gli studi più avanzati sembrerebbero indicare questa visione come semplicistica: diverse parti del cervello intervengono in ogni situazione, secondo uno schema d’interazione in larga parte sconosciuto.

La differenza fondamentale sta nella definizione del rapporto causa-effetto: i neuroscienziati presumono che queste aree del cervello "causino" emozioni, malattie ecc.  A quanto ne sappiamo, il rapporto causa-effetto potrebbe non esistere o, addirittura, essere ribaltato (pensieri ed emozioni potrebbero attivare determinate aree del cervello, e non viceversa). Allo stato attuale della conoscenza, nessuna ipotesi può essere scartata con certezza.

La quasi totalità della cosiddetta ricerca neuropsichiatrica è fondata sulle correlazioni.  I media ci bombardano di scoperte sensazionali che dimostrerebbero una correlazione tra un certo disturbo psichiatrico e alcune variabili fisico-biologiche (il funzionamento del cervello, la genetica ecc.), spacciandoci queste cose come dimostrazione dell’esistenza di una causa biologica ai cosiddetti disturbi mentali.

Una correlazione (quando due eventi appaiano statisticamente collegati tra di loro) non è una dimostrazione di rapporto causa-effetto: uno studio potrebbe evidenziare una correlazione statistica tra chi si mette le dita nel naso e chi mangia pizza, ma questo non implica un rapporto causa-effetto tra questi due comportamenti. Perché una correlazione possa implicare un rapporto causa-effetto, occorre conoscere TUTTE le variabili in gioco, per escludere la possibilità di altre cause.

In breve, c’è molta incertezza nella comprensione del cervello, altrettanta nella comprensione della genetica, e ancora di più sulla stessa definizione dei disturbi mentali: non stupisce che il tentativo di correlare tra di loro tre soggetti poco conosciuti produca dei grandi abbagli.

Attendibilità scientifica di questi studi

Un gruppo di studiosi dell’Università di Amsterdam1 ha pubblicato un lavoro sulla rivista in cui dimostra la fallacia di molti neuro-esperimenti. Il 53% di ben 314 studi presi in considerazione ometteva di tener conto della struttura “nidificata” (o complessa) dei loro dati di partenza. Ignorare questo fattore - spiegano gli esperti di statistica - comporta un aumento dell’80% della probabilità di trarre conclusioni sbagliate.

In un’altra ricerca, proveniente dall’Università di Bristol2 e pubblicata sulla stessa rivista, gli autori denunciano la bassa rilevanza statistica di molti di questi studi, spiegando come ciò comporti un elevato rischio di ritenere vero ciò che non lo è. “Ne conseguono sovrastime del fenomeno investigato, e bassa riproducibilità dei risultati” conclude l’articolo, aggiungendo come ci siano anche “implicazioni etiche, perché la ricerca inaffidabile è inefficace e sprecona”.

Ancora la stessa rivista3, ha pubblicato uno studio di alcuni ricercatori della prestigiosa Università di Leiden dal titolo Analisi erronee d’interazioni in neuroscienza.

Gli autori hanno rivisto ben 513 articoli di neuroscienza, pubblicati dalle cinque più rilevanti riviste del settore, evidenziando errori statistici procedurali che “nei due terzi dei casi potrebbero generare gravi conseguenze” e, a volte, “ influenzano lo studio in maniera sostanziale”.

Emery Brown, professore di neuroscienze computazionali ad Harvard, ha recentemente dichiarato: “C’è un errore fondamentale nel sistema, i neuroscienziati non capiscono abbastanza di statistica per fare le cose nel modo giusto, e non ci sono abbastanza statistici che li possano aiutare.”

Persino la potentissima APA (Associazione Psichiatrica Americana) ha dovuto riconoscerlo: le varie tecniche di neuroimaging sono da considerarsi solo uno strumento di ricerca e non possono essere usate a scopo diagnostico.  Il seguente comunicato si trova in un loro documento:

“Nello specifico, nessuno studio nel nostro settore ha determinato che una qualsiasi anormalità strutturale o funzionale del cervello sia correlata in maniera specifica a un dato disturbo psichiatrico. In aggiunta, gli studi di imaging prendono in considerazione gruppi di pazienti e gruppi di persone sane (gruppo di controllo): di conseguenza le scoperte non possono essere estese a tutte le persone affette da un certo disturbo. Anche laddove si manifestano differenze sostanziali tra i gruppi, rimane sempre un ampio margine di sovrapposizione tra i gruppi.”

Tradotto in parole povere: non abbiamo mai dimostrato la causa organica dei cosiddetti disturbi mentali, e qualsiasi tentativo si è risolto in un buco nell’acqua. L’ultima frase significa che persino negli studi migliori (quelli in cui si evidenzia una certa differenza statistica tra l’immagine cerebrale dei cosiddetti malati mentali e quella delle persone ‘normali’) rimane un’inspiegabile gran quantità di picchiatelli col cervello normale e viceversa.

In ambito medico, i metodi diagnostici hanno valore solo in presenza di due fattori:

  1. Specificità: significa che tutti quelli trovati positivi al test diagnostico sono effettivamente malati.
  2. Sensibilità: significa che tutti i malati risultano effettivamente positivi al test.

In medicina, gli esami con alta sensibilità e specificità sono considerati validi strumenti di diagnosi. Questo permette addirittura di caratterizzare in modo incontrovertibile i falsi negativi (pazienti asintomatici ma certamente malati) e falsi positivi (pazienti certamente non malati, anche se accusano i sintomi). I radiologi, per esempio, possono diagnosticare con certezza la presenza di un tumore molto piccolo, che ancora non abbia fatto sentire i suoi effetti, e consigliarne la rimozione prima che peggiori. Possono viceversa escludere che la gamba sia fratturata, nonostante il dolore e lo zoppicare. Per fare ciò, non hanno nemmeno bisogno di vedere il paziente: è sufficiente l'immagine radiologica.

Se le idee su cui si basa la moderna neurologia avessero un fondamento scientifico (invece di essere solo delle ipotesi) il neuropsichiatra dovrebbe poter fare la stessa cosa: analizzare 100 referti di imaging e indicare con certezza quali pazienti siano affetti da quale disturbo psichiatrico e quali no. Dovrebbe anche scoprire falsi positivi e falsi negativi: il paziente che legge benissimo ma, in base al riscontro radiologico, è sicuramente dislessico (deve essere curato prima che peggiori), quello che si comporta normalmente ma è sicuramente schizofrenico, quello che, viceversa, nonostante l'evidente difficoltà di lettura, non è certamente dislessico e quello che crede di essere Napoleone ma, in base al referto radiologico, si esclude categoricamente che sia psicotico.

La terapia nell’era della neuroscienza - la Stimolazione Cerebrale Profonda

Se la diagnostica psicocerebrale è molto meno miracolosa di quanto non ci venga rappresentata, le cose non migliorano con l’ultimo ritrovato per la terapia: un dispositivo di elettrostimolazione del cervello denominato Stimolazione Cerebrale Profonda (SCP). Cerchiamo di capire di cosa si tratta.

La Stimolazione Cerebrale Profonda (SCP)

Era stata inizialmente sviluppata come trattamento per il Tremore Essenziale e per la Malattia di Parkinson, ma nel 2009 l’agenzia USA di farmacovigilanza FDA ne approvò l’uso da parte di psichiatri per trattare il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC). Nel luglio dello stesso anno la Medtronic, produttore del dispositivo per SCP annunciava di avere ottenuto la marcatura CE (autorizzazione per l’uso clinico in Europa) per il trattamento del DOC “resistente ai farmaci"4.

La SCP richiede un intervento di chirurgia al cervello e la maggior parte dei pazienti viene ricoverata per tre giorni.5 Inoltre richiede visite neurologiche periodiche per controllo e ricambio batterie. Nel caso sia richiesta una SCP per entrambi i lati del cervello, sono necessari due interventi chirurgici, a distanza di circa 7-14 giorni l’uno dall’altro: una per installare gli elettrodi e una per il generatore di corrente. La prima operazione può richiedere da 3 a 8 ore.

Durante la fase preparatoria, la testa viene rasata e attaccata tramite viti a un telaio rigido, con lo scopo d’impedire movimenti durante l’operazione. A quel punto vengono ottenute immagini di risonanza magnetica, usate poi dal chirurgo per orientarsi durante l’operazione. Il chirurgo pratica uno o due fori nel cranio del paziente, attraverso cui poi avvita un tubo che sarà utilizzato per infilare l’elettrodo (o gli elettrodi) nella zona prescelta. Gli elettrodi vengono poi collegati tramite opportuni cavi al generatore di corrente, che viene impiantato nel torace. Il generatore invia impulsi all’elettrodo: la loro frequenza e intensità è determinata su base individuale.

Come per tutti i loro trattamenti, gli psichiatri non sanno come questi impulsi di SCP funzionino. Secondo una teoria, gli impulsi bloccherebbero la degenerazione neuronale abnorme6, mentre altri sostengono che la SCP lavorerebbe sull’abenula - una piccola struttura nervosa nel cervello che, secondo alcuni psichiatri, influenzerebbe la depressione7. Come per tutte le terapie del passato gli psichiatri non sanno dire come o perché (o se) questi stimolatori funzionino: si brancola nel buio.

Costo della SCP

Secondo il Centro Studi Assobiomedica, una procedura di SCP costa in media 16.000 Euro al Servizio Sanitario Nazionale8, cui occorre aggiungere il costo della risonanza magnetica e degli esami diagnostici9. A volte sono necessarie più indagini di RM, superando di slancio quota 30mila.

Conflitti d’interesse

Il Dr. Benjamin Greenberg della Brown University e Primario presso l’Ospedale Butler, è stato uno dei pionieri per l’uso della SCP nei casi di DOC resistente ai farmaci. Secondo Greenberg “Queste tecniche sono promettenti ma devono essere usate con estrema cautela”10.Per quasi quattro anni il suo ospedale ha ricevuto fondi per la sperimentazione di questa tecnica dal produttore del dispositivo. Greenberg ha ricevuto un onorario da Medtronics, per la quale ha anche fatto consulenze, i cui ricavati sono andati all’Ospedale Butler11.

Uso e abuso della Stimolazione Cerebrale Profonda (SCP)

La SCP è utilizzata in USA, Australia, Italia, Canada, Israele, Germania e Regno Unito, ma si sta rapidamente diffondendo quasi ovunque12 13 14 15. La commissione britannica per la Qualità dei Trattamenti teme che questa terapia, non essendo soggetta ad alcuna regolamentazione, rischi di essere praticata a persone non consenzienti o non in grado di comprenderne le implicazioni16 17.

Sebbene la tecnica sia approvata in USA ed Europa solo per il Disturbo Ossessivo-Compulsivo farmaco-resistente, è stata usata in diversi studi medici per trattare depressione e sindrome di Tourette18 (tic motori e fonatori). Al momento più di 100 persone hanno ricevuto SCP per trattare la depressione19.  Al momento sono in corso sperimentazioni per l’uso su Alzheimer, anoressia e tossicodipendenza20. Esistono rapporti di uso su bambini in USA, sebbene non sia approvata dalla FDA per uso pediatrico21.

Rischi SCP

Il rischio più grave è l’emorragia cerebrale, che può a sua volta causare un ictus. Altri rischi sono infezione, disorientamento o confusione, cambi di umore non voluti, disturbi del movimento, problemi respiratori e cardiaci, cicatrice nel punto d’incisione, attacchi di panico, allucinazioni e aumento d’ideazioni e comportamento suicida22. In qualche caso i pazienti sono diventati scommettitori compulsivi o hanno sviluppato un appetito sessuale insaziabile23.

  • Secondo il Dipartimento di Neuroscienze della Virginia Commonwealth University, c’è un rischio variabile tra 1-3% di danni cerebrali, che possono anche comportare perdita della capacità di parlare, paralisi, coma o perfino decesso, di solito a causa di emorragia cerebrale. C’è anche un rischio aggiuntivo del 5% che si sviluppi un’infezione tale da richiedere la rimozione del dispositivo. L’intervento è così impegnativo che molti pazienti si lamentano di dolori a collo e schiena, e chiedono d’interrompere prematuramente24.
  • Altri rischi sono collegati alla necessità di cambiare batterie (localizzate vicino al collo) ogni due anni.25 “Il cambio viene fatto in chirurgia ambulatoriale, e molti pazienti decidono d’interrompere la terapia della scossa dopo il terzo cambio di pile”26.
  • Sono stati riferiti un elevato numero di casi d’ideazione e tentativi di suicidio, alcuni dei quali portati a termine, in pazienti sottoposti a SCP27. Nel marzo del 2010, la FDA raccomandava di etichettare il dispositivo SCP per mettere in guardia contro l’aumento del rischio di depressione, ictus e pensieri suicidi28.
  • Nel numero di febbraio 2011 della rivista Health Affairs, alcuni esperti sostengono che l’approvazione della SCP per il DOC da parte dell’agenzia federale statunitense è un errore giacché il trattamento non è mai stato dimostrato sicuro né efficace, e che l’approvazione è avvenuta senza sufficienti test29.
  • Un articolo pubblicato nel 2009 sugli effetti avversi della SCP riferiva di uno studio in cui venivano confrontati due gruppi di pazienti in cura per il morbo di Parkinson: un gruppo riceveva SCP mentre l’altro veniva trattato con terapie suggerite da un neurologo specializzato in disturbi del movimento. Il gruppo trattato con SCP ha subito più del doppio di effetti avversi rispetto al gruppo trattato con terapia medica, incluso: cadute, difficoltà motorie, depressione e distonia (disturbo del movimento caratterizzato da postura anormale e movimenti contorti). Oltre il 10% dei pazienti riferiva effetti negativi connessi con l’impianto del dispositivo, come infezioni locali e dolore. Tra gli effetti collaterali gravi riferiti da pazienti del gruppo SCP, notiamo disturbi nervosi, disturbi psichiatrici e complicazioni dovute al dispositivo30.
  • Un errore nell’impianto dell’elettrodo può causare emorragia e decesso31.
  • A livello unicamente biologico, la SCP in qualche caso aumenta gli effetti collaterali di farmaci con cui il paziente è in cura. I dottori non sanno spiegare bene questo fenomeno32.

L'agenzia TGA (Therapeutic Goods Administration - l'autorità australiana che autorizza farmaci e dispositivi medicali) ha pubblicato diverse avvertenze sui rischi della SCP. Tra questi l'insorgere di uno status dystonicus (malattia grave, e potenzialmente mortale, caratterizzata da fortissime contrazioni muscolari), problemi respiratori e rabdomiolisi (la rottura delle cellule del muscolo scheletrico e rilascio nel flusso sanguigno delle sostanze contenute nella muscolatura). (33)

La stessa TGA (34) riferisce il caso di un esperto nuotatore che è annegato in seguito alla perdita di coordinazione dei movimenti necessari al nuoto, causata da SCP.
Una ricerca condotta in un ospedale di Losanna (Svizzera) ha rilevato un tasso di suicidio del 4,3% tra le persone sottoposte a SCP (35). Secondo il National Institute of Mental Health (Istituto USA di Salute Mentale) il tasso di suicidio tra la popolazione normale è dello 0,0113% (36). Questo significa, per le persone sottoposte a SCP, un rischio di suicidio quasi 400 volte superiore alla media.

Il produttore del dispositivo spiega sul suo sito web: “Sicurezza ed efficacia di questo dispositivo non sono state verificate per disturbi neurologici che non siano il Parkinson o il tremore essenziale, né per pazienti con precedenti operazioni di ablazione chirurgica, o affetti da demenza, coagulopatie, depressione moderata o grave, donne incinte, pazienti sotto i 18 anni o oltre gli 80.”  

In aggiunta, il dispositivo per stimolazione cerebrale profonda è controindicato per alcuni esami di risonanza magnetica (“potrebbe scatenare livelli di stimolazione tali da causare shock o strattoni”). Se poi andate in banca o in aeroporto e dovete passare attraverso un metal detector, sappiate che la cosa potrebbe causare l’improvvisa “accensione o spegnimento del dispositivo, con un aumento della stimolazione prodotta.”

Tanto fumo e niente arrosto: non vorremmo che il fumo provenisse dai nostri cervelli bruciacchiati.


Bibliografia:

  1. “Nature Neuroscience” (vol. 17, 2014, pp. 491-496)
  2. “Nature Neuroscience” (vol. 13, 2013, pp. 365-376)
  3. “Nature Neuroscience” (vol. 14, 2011, pp. 1105-1107)
  4. “Brain Stimulation Device For Treatment Of Obsessive-Compulsive Disorder Approved In Europe,” Science 2.0, July 16th 2009
  5. http://my.clevelandclinic.org/neurological_restoration/dbs_for_movement_disorders.aspx
  6. Sora Song, “How Deep-Brain Stimulation Works,” Time Magazine, 16 July 2006, http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,1214939,00.html#ixzz1EeF0WcRU
  7. “Deep brain stimulation successful for treatment of severely depressive patients Science Daily, 11 Jan 2010, http://www.sciencedaily.com/releases/2010/01/
  8. Centro Studi Assobiomedica – I sistemi tariffari per le prestazioni di assistenza ospedaliera - http://www.assobiomedica.it/static/upload/ana/analisi-101.pdf
  9. Brenda Patoine, “Deep Brain Stimulation: Beyond Movement Disorders The 2010 Progress Report on Brain Research,” Dana Foundation, 2010, www.dana.org/news/publications/detail.aspx?id=24552
  10. David Orenstein, “Deep brain stimulation helps severe OCD, but pioneer advises caution, compassion,” Brown University News and Events, 16 Feb 2011, news.brown.edu/pressreleases/2011/02/dbs
  11. David Orenstein, “Deep brain stimulation helps severe OCD, but pioneer advises caution, compassion,” Brown University News and Events, 16 Feb 2011, news.brown.edu/pressreleases/2011/02/dbs
  12. Lauran Neergaard, “Brain stimulators could help fight psychiatric illness,” Marietta Daily Journal, 22 Feb 2011, http://www.mdjonline.com/view/full_story/11540000/article-Brain-stimulators-could-help-fight-psychiatric-illness?instance=secondary_story_left_column
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  14. Brenda Patoine, “Deep Brain Stimulation: Beyond Movement Disorders The 2010 Progress Report on Brain Research,” Dana Foundation, 2010, www.dana.org/news/publications/detail.aspx?id=24552
  15. Dr. Ben Greenberg, et al, “Scientific and Ethical Issues Related to Deep Brain Stimulation for Disorders of Mood, Behavior, and Thought,” published in Arch Gen Psychiatry. 2009; 66(9): 931-937, http://www.kuleuven.be/emeritiforum/update/Forumgesprekken/2010%20-%202011/25%20november%202010/Scientific%20and%20Ethical%20issues%20related%20to%20deep%20brain%20stimulation.pdf
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  19. Lauran Neergaard, “Brain stimulators could help fight psychiatric illness,” The Marietta Daily Journal, 22 Feb 2011, http://www.mdjonline.com/view/full_story/11540000/article-Brain-stimulators-could-help-fight-psychiatric-illness?instance=secondary_story_left_column
  20. Brenda Patoine, “Deep Brain Stimulation: Beyond Movement Disorders: The 2010 Progress Report on Brain Research,” The Dana Foundation, http://www.dana.org/news/publications/detail.aspx?id=24552
  21. http://www.ayushveda.com/healthcare/depression-in-children.htm
  22. “Brain Stimulation Therapies,” NIMH, http://www.nimh.nih.gov/health/topics/brain-stimulation-therapies/brain-stimulation-therapies.shtml http://www.winmentalhealth.com/psychosurgery_lobotomy_cingulotomy.php; http://www.ucsfbenioffchildrens.org/treatments/deep_brain_stimulation/;  http://www.tardivedyskinesia.com/treatment/deep-brain-stimulation.php.
  23. http://www.tardivedyskinesia.com/treatment/deep-brain-stimulation.php
  24. “Deep Brain Stimulation,” Virginia Commonwealth University Medical Center, http://www.neurosurgery.vcu.edu/services/eldercare/dbs.html
  25. Dr, Ben Greenberg, et al, “Scientific and Ethical Issues Related to Deep Brain Stimulation for Disorders of Mood, Behavior, and Thought,” published in Arch Gen Psychiatry. 2009; 66(9): 931-937, http://www.kuleuven.be/emeritiforum/update/Forumgesprekken/2010%20-%202011/25%20november%202010/Scientific%20and%20Ethical%20issues%20related%20to%20deep%20brain%20stimulation.pdf
  26. Lauran Neergaard, “Brain stimulators could help fight psychiatric illness,” AP, 22 Feb 2011, http://www.mdjonline.com/view/full_story/11540000/article-Brain-stimulators-could-help-fight-psychiatric-illness?instance=secondary_story_left_column
  27. Dr. Ben Greenberg, et al, “Scientific and Ethical Issues Related to Deep Brain Stimulation for Disorders of Mood, Behavior, and Thought,” published in Arch Gen Psychiatry. 2009; 66(9): 931-937, http://www.kuleuven.be/emeritiforum/update/Forumgesprekken/2010%20-%202011/25%20november%202010/Scientific%20and%20Ethical%20issues%20related%20to%20deep%20brain%20stimulation.pdf
  28. Emily P. Walker, “Deep Brain Stimulator Squeaks by FDA Panel,” MedPage Today, 15 Mar 2010
  29. Benedict Carey, “Wariness On Surgery Of The Mind,” The New York Times, 15 Feb 2011, www.nytimes.com/2011/02/15/health/15brain.html
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  31. Edward Shorter, David Healy, MD, Shock therapy: a history of electroconvulsive treatment in mental illness, (Rutgers University Press, 2007), p. 283, http://books.google.com/books?id=RvXzXnskJB4C&pg=PA283&lpg=PA283&dq=Steven+A.+Rasmussen,+Medtronic&source=bl&ots=bTgb21gMPz&sig=J-3dMupbkwxA8GHttyTFr3fuKBA&hl=en&ei=Q-B2TayxAYuesQP7mpnGBA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=5&ved=0CDcQ6AEwBDgK#v=onepage&q&f=false
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