Psichiatria italiana fanalino di coda in Europa, cosa fare?

Linee guida nazionali e internazionali per una salute mentale rispettosa dei diritti umani
Pubblicato il rapporto del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Pene e Trattamenti Inumani o Degradanti (CPT), un’emanazione del Consiglio d’Europa, sul risultato dell’ispezione in quattro reparti psichiatrici italiani. Ne esce un quadro inquietante, clamorosamente in contrasto con la narrativa prevalente che dipinge il Belpaese come un paradiso psichiatrico.
Il CPT esegue ispezioni quadriennali in tutti i paesi della Comunità Europea per verificare l’adeguatezza agli standard comunitari nei loro ambiti di competenza (psichiatria, residenze per anziani, carceri e immigrazione). Dal 2004 in poi, le ispezioni del CPT in Italia si sono sempre concluse con raccomandazioni, regolarmente ignorate, di risolvere le gravi carenze.
Le ispezioni, svolte tra marzo e aprile 2022 in quattro reparti psichiatrici ospedalieri (Milano Niguarda, Melegnano, Cinisello Balsamo e Roma San Camillo) rivelano un’incapacità di staccarsi dal modello manicomiale. Queste, punto per punto, le critiche rivolte all’Italia dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura:
- Eccessivo uso della contenzione fisica in tutti gli SPDC visitati (con punte in Lombardia, dove l’otto percento dei pazienti ricoverati in psichiatria è legato – centinaia di pazienti ogni anno)
- Eccessiva durata della contenzione fisica (in media diversi giorni) in contrasto con lo standard CPT, che non esclude la contenzione, ma la vede come strumento da usare in pochi casi e per un tempo limitato.
- Eccessivo ricorso, nella contenzione, allo ‘stato di necessità’ (art 54 del codice penale: stabilisce l’impunibilità di chi commetta un reato spinto dalla necessità di salvare sé o altri). Ciò rappresenta un cortocircuito giuridico, che annulla i diritti dei pazienti.
- Uso della contenzione su pazienti ‘volontari’ in violazione delle raccomandazioni del Comitato per la Prevenzione della Tortura, che non contemplano questa possibilità. Grottesca la risposta pervenuta al CPT: se aprissimo una procedura di TSO ogni volta che leghiamo un paziente peggioreremmo le statistiche dei TSO! Questo, oltre a rappresentare un controsenso (perché mai si dovrebbe legare un paziente volontario?) priva le persone soggette a contenzione di ogni strumento giuridico di difesa.
- Mancanza di una vera tutela giuridica nei TSO perché il giudice tutelare, in barba alle raccomandazioni reiterate dal CPT ogni quadriennio dal 2004 a oggi, svolge una funzione meramente burocratica, paragonabile al timbrare una lettera in un ufficio postale: firma un modulo prestampato, senza mai entrare nel merito, valutare il caso specifico né vedere personalmente il malcapitato – nemmeno tramite video. Lo standard europeo, utilizzato in quasi tutti i Paesi della UE, compresi quelli dell’est, prevede invece che il giudice veda la persona e ascolti le sue ragioni, non solo in occasione del primo TSO ma anche prima di ogni eventuale rinnovo.
- Mancanza di informazioni ai pazienti. Molti di quelli intervistati dal CPT erano incoscienti del loro stato giuridico, non sapevano se fossero volontari o sotto TSO, e non erano consapevoli dei loro diritti. In quasi tutti i paesi UE, compresi quelli dell’ex Jugoslavia, nei reparti di psichiatria sono presenti brochure con spiegazione della procedura e dei diritti del paziente.
- Condizioni igieniche inadeguate (soprattutto al San Camillo, ma anche in Lombardia) e assoluta mancanza di accesso a zone di verde e all’aria aperta, anche questo in contrasto con lo standard prevalente in Europa (est e ovest) e con quanto richiesto dal CPT.
- Assenza o inadeguatezza di alternative terapeutiche all’uso di farmaci (attività ricreative o riabilitative o terapeutiche) per tutti gli SPDC ispezionati, in netto contrasto con lo standard europeo.
Secondo il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, la riforma dei servizi di salute mentale in senso garantista non è più rinviabile. La normativa attuale, erroneamente chiamata ‘legge Basaglia’ ha semplicemente riprodotto la prassi manicomiale in ambito ospedaliero. Nel seguito le raccomandazioni che le autorità internazionali ci chiedono da anni di implementare.
Guida ai servizi di salute mentale basati sulla comunità
La guida ai servizi di salute mentale basati sulla comunità (Guidance on community mental health services) pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, in inglese WHO – World Health Organization – organizzazione di cui l’Italia è membro e che finanzia) chiede il superamento del modello biomedico-farmacologico, l’abolizione di tutte le pratiche coercitive, l’adozione di un approccio olistico al disagio psicosociale e l’implementazione delle buone pratiche sperimentate con successo in varie parti del mondo, come il supporto tra pari, la presenza di sostegno concreto sul territorio e l’integrazione dei servizi di salute mentale con un supporto sociale di ampio spettro, che comprenda alloggio, istruzione, servizi sociali ecc. Dalla colonna a destra (in basso da smartphone) è possibile scaricare il documento originale in inglese e la traduzione a cura del CCDU
Alto Commissario ONU
Anche le Nazioni Unite, nella persona dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, chiedono a gran voce la messa al bando delle pratiche coercitive e l’implementazione del CRPD (Convention on the Rights of Persons with Disabilities – Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità). Nel corso di due riunioni avvenute in anni recenti, a cui hanno partecipato rappresentanti del CCHR (la rete mondiale di cui fa parte il CCDU), l’Alto Commissario ha ribadito la necessità di allineare i servizi di salute mentale con le raccomandazioni del CRPD (ratificato in Italia con valore di legge), il riconoscimento della capacità giuridica per tutte le persone in cura presso i servizi di salute mentale, la fine di tutte le pratiche di trattamento involontario, il coinvolgimento delle associazione e del supporto paritario. I due documenti dell’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, del 2018 e del 2022, sono scaricabili dalla colonna a destra (in basso da smartphone), sia in originale che in italiano (traduzione a cura del CCDU).
Nel denunciare l’immobilità della psichiatria istituzionale italiana, che sembrerebbe fare orecchie da mercante alle raccomandazioni della comunità internazionale, il CCDU, organizzazione senza scopo di luco legittimata dal Ministero per le Disabilità ad agire nell’interesse delle persone con disabilità, chiede con forza di partecipare al tavolo di discussione per la riforma della salute mentale, come peraltro previsto dalle raccomandazioni ONU citate qui sopra.
La nostra proposta di riforma è scaricabile qui.